




Voci, per porta scorrevole
Facies per double face.
“ A voi, temerari della ricerca e del tentativo, e a chiunque si sia mai imbarcato con ingegnose vele su mari terribili,–
a voi, ebbri di enigmi e lieti alla luce del crepuscolo, a voi, le cui anime suoni di flauto inducono a perdersi in baratri labirintici: […] a voi soli racconterò l’enigma che io vidi.“
Nietzsche, in Così parlò Zarathustra, ne La visione e l’enigma, nella sua Parte terza.
In uno degli album di fotografie conservati in Archivio, alla foto qui pubblicata è accostato un ‘post it’ con un appunto manoscritto di Frascà:
La voce di Zarathustra (retro) e il Bacco di Caravaggio (fronte). Applicato come porta scorrevole in casa Morichini
dopo la realizzazione del tavolo ‘Quadrato magico’ Omaggio a Dürer, per loro ”
In ‘Casa Morichini’ – in pieno centro a Roma, vivono Enzo Morichini, manager, e Patrizia Molinari, pittrice e – allora – docente presso l’Accademia di Belle Arti di Roma (e Frascà scrive un contributo alla sua prima mostra personale, alla Galleria Themes and Variations di Londra, 1988).
Il tavolo Omaggio a Dürer è realizzato per la coppia nel 1987: risulta in cristallo molato specchiato, dipinto a mano, con base costituita da un Kubus doppio. Misure: 170×122, con peso di 110 chilogrammi.
La produzione, nel tempo, da parte di Frascà di oggetti di design, progettati e realizzati, da piatti a piastrelle, da tavoli a librerie, da lampade a gioielli, non è attività sussidiaria, ma è espressione ‘applicata’ delle forme che l’artista va sperimentando e che possono accompagnare, quali oggetti d’uso, le azioni della vita di tutti i giorni.
I tavoli, in particolare, per la scelta dei materiali (cristallo, legno – dipinti e non), per la scelta dei supporti (Rebis a due o tre elementi, Kubus doppi), costituiscono un una fase progettuale e realizzativa assai impegnativa.
Nei disegni di progetto sono consueti schizzi di elementi di giunzione, di snodi, di raccordi, come quello nella pagina di una agenda del marzo 1988, che dà conto della avvenuta ‘trasformazione’ del tavolo, in legno dipinto, in una porta scorrevole a due facce: è il Bacco e Zarathustra qui presente.
Il Bacco di Caravaggio degli Uffizi (oggi nella sala 90) fu indagato, almeno tra il 1984 e il 1986, per un murale realizzato per una villa ad Atene, che ebbe per titolo All’Ombra di un’Altra Luce. Una Contamin’Azione fra il Bacco di Caravaggio degli Uffizi e la luce di Tiziano.
Esempio di ciò che Frascà intende per “Contamin’Azioni”: discesa e ascesa in e di elementi tratti dall’opera di due “maestri” fatti vicendevolmente fluire, a favore di un tertium: motivo e “azione” tanto di ispirazione per proprie opere, quanto elemento-fase di passaggio necessaria nella formazione dei suoi allievi in Accademia, nel corso di Teoria della percezione e psicologia della forma.
Fu, quel Bacco, anche occasione di profonda riflessione estetica, tanto potente l’enigma prospettato dall’opera (su cui infatti interi decenni di critica d’arte s’era e s’è confrontata e affrontata), tanto spinta – verrebbe da dire ‘estroflessa’ – è l’ambiguità lì contenuta e irresoluta.
A margine, oggi, appare commuovente, ma al tempo stesso illuminante, ciò che il Marangoni disse sul suo ritrovamento, tutto sporco e logoro, nei depositi degli Uffizi (e siamo al 1922, riferentesi ad un periodo intorno al 1915) prima intesa quale copia da un Caravaggio presumibilmente “sperduto” (1917), poi col Longhi, attribuitogli: “la prima volta che lo vidi, mi ricordo, rimasi sorpreso e lì per lì disorientato, non redendomi conto di che razza di lavoro avessi davanti”.
Nell’opera bifronte qui esposta, una voce, quella di Zarathustra, si espande nel Bacco: sia come denominazione letterale (anche se “ZARAHUSTRA” è intero, in verticale, così come “ALSO” dall’alto, dalla prima “A”, in orizzontale, ma SPR [ach] che scende dalla “S” no, sembra perdersi); sia come quintessenza, in quella sorta di pulviscolo atmosferico ad impronte batuffolose che vibra sulla tavola; sia come riporto, in sottimpressione, della intavolatura geometrica generale che appena si intravede.
Intavolatura che, nella “fronte” Zarthustra possiamo rinvenire come margini estremi in cui compaiono e basculano due Kubus e in cui galleggiano – ma in una mancanza di gravità tutta ‘spaziale’ – simboli, cifre, segni, punti, che, da un centro, ad espansione, irradiano.
Intavolatura e irradiamento che sono tra gli schizzi e i disegni preparatori.
Ritroviamo, in uno scritto coevo di Frascà intitolato “Il dito di Bacco” questa annotazione: “Era come se il punto di emissione di quella pulsione impercettibile fosse interiorizzato e così profondamente immerso nel nucleo stesso della materia da immaginare la sua origine in un luogo, appunto, siderale”.
Possiamo dire che – nell’opera bifronte – siano due ‘voci’, due “flatus vocis”, che si chiamano, in un movimento reciproco, che dà voce alle immagini, o che dà immagine alle voci.
Ancora, da Nietsche, dall’Also sprach Zarthustra (Il convalescente, sempre parte terza):
“ Ma Zarathustra disse queste parole:
Vieni su, pensiero abissale, dalla mia profondità! Io sono il tuo gallo nel grigiore dell’alba, insetto dormiglione: su! su! La mia voce dovrà pure svegliarti col suo canto del gallo!
Togli i chiavistelli ai tuoi orecchi: ascolta! Perché io ti voglio ascoltare! ”
Piace allora pensare che, allo scorrere della porta, scorra – e corra – la voce.
Diramazioni, in itinere
… L’opera “All’Ombra di un’Altra Luce”: Bacco e Tiziano
… “Il dito di Bacco”: illuminazione emozionale e riflessione estetica
… Dürer, ventisei anni prima