Spazio – Ambiente – Comportamenti: da Traviata a Londra al Ritiro laico ad Arcevia (1967-75)
Lo spazio dal didentro non è mai lo stesso spazio del difuori; queste relatività e contraddittorietà possono essere dimostrate solo nel voler contemplare ed accettare l’instabilità, l’inquietudine dello spazio e della superficie contenuta in esse relativamente alla presenza dell’uomo
N. Frascà
Poco prima della partenza per il viaggio a Parigi, Frascà era stato chiamato da Michelangelo Antonioni sul set del film L’eclisse, le cui ultime riprese si erano interrotte per l’assenza forzata dello scenografo; erano però proprio le prime immagini del film, quelle in cui si delinea l’ambiente, anche psicologico, in cui si muoveranno i personaggi, tra cui una splendida Vittoria (Monica Vitti).
Frascà risolve il problema, vivendo per un intero fine settimana l’appartamento in cui saranno girate le scene; gli oggetti, i giornali, i libri, la disposizione dei mobili, i dipinti (tra cui uno dello stesso Frascà) sono stati determinati da una “presa” di vita.
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da L’eclisse (1961)
Quanto la costruzione dell’ambiente possa determinare il movimento, anche psicologico, che verrà percorso al suo interno, e quindi i comportamenti, potrà essere verificato con una eccezionale occasione che si offre a Frascà: essere lo scenografo di una Traviata di Visconti alla Royal Opera House di Londra, nel 1967, con Mirella Freni, Renato Cioni, Piero Cappuccilli e con Carlo Maria Giulini direttore dell’orchestra del Convent Garden.
Una Traviata che si rivelerà inaspettata e rivoluzionaria, perché le scenografie di Frascà sono tutte in bianco e nero, con un segno grafico tra il liberty e Beardsley, con venature optical.
Giulini dirà che la particolare ambientazione gli aveva procurato una accelerazione dell’abituale ritmo di esecuzione musicale.
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dal bozzetto di Frascà per l’atto II della Traviata (da About the House, 1967)
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foto di scena dalla Traviata (atto II), da The Observer (1967)
Al rapporto tra spazio/ambiente e persona dedicherà, tra il ’72 e il ’74, un’opera particolarmente impegnativa: l’Ambiente Prospettico Polivalente, progettato come una sala di due ambienti: uno bianco, l’altro, della metà, nero, in cui sono posizionate 20 sculture, tutte costruite sull’ambiguità percettiva, derivate dagli studi effettuati successivamente ai Rebis.
Ciò che si propone è una completa immersione in una esperienza di disorientamento (e un possibile riorientamento), con particolari porte, finestre, oggetti tridimensionali a terra e a parete; in cui la crisi della spazialità di tipo prospettico può rompere certezze acquisite e porre in uno stato di dubbio o sconcerto, produttivo di nuove dimensioni da conquistare.
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parte dell’Ambiente Prospettico Polivalente, modello scala 1:4 (1974-75)
Percorrere, per rendere attiva, attraverso la percezione, la nostra volontà di conoscenza. Muoversi lungo e attorno oggetti che si offrono all’esperienza percettiva in visioni differenti e contraddittorie per attuare una visione polivalente
N. Frascà
Altra occasione eccezionale, nel 1975, l’Operazione Arcevia, coordinata dall’architetto Ico Parisi, favorirà la proposta ambientale di un Ritiro laico.
Il progetto-operazione, unico nel suo genere, raccoglieva pittori, scultori, musicisti, registi, sceneggiatori, poeti, psicologi, critici, architetti, amministratori, per pensare e realizzare una Comunità ex novo su un terreno nei pressi di Arcevia, un piccolo comune in provincia di Ancona.
A fianco dei progetti di Burri, Antonioni, Ceroli, Soto, Clementi, Guerra, Frascà propone un percorso che, portando poco distante dalla Comunità, attraverso uno spazio fortemente aggettante e feritoie dove la luce entra in diagonale, porta al luogo concepito come ritiro, spirituale, di concentrazione e riflessione, in un organico allontanarsi/avvicinarsi, nel e per perdersi/ritrovarsi.
il Ritiro laico, progettato per l’Operazione Arcevia (1975)