Dall’Estetica all’Etica-est: gettarsi al futuro (1980-1999)
Dobbiamo tornare a credere nella complessità e nella capacità dei valori della creatività, piuttosto che in quelli, oramai istituzionalizzati e sclerotizzati, dell’arte puramente estetica. Tornare al valore iniziale-iniziatico dell’Arte che è stato quello pedagogico e terapeutico
N. Frascà
Già prima della Fontana-Finestra, Frascà si era progressivamente allontanato dal circuito espositivo ‘mercantile’ e dagli spazi espositivi ufficiali, privilegiando occasioni e spazi particolari in cui interveniva con ciò che considerava e chiamava “blitz culturali”.
I lavori esposti consistevano spesso in accumulazioni di oggetti, composte da materiali disparati, e oggetti “d’affezione” (termine raccolto da Man Ray), accompagnati da dichiarazioni e intenzioni scritte.
A Forlì, nel 1980 alla manifestazione L’Arte è ciò che le è estraneo, aveva presentato Due tavole apparecchiate (Tavola del naturale e Tavola dell’artificiale): la prima, con ‘natura morta’, frutta che deperisce nel tempo della mostra, coperta da un cellophane e in alto uno specchio che la riflette; l’altra con elementi non deteriorabili: gomitoli e fili colorati che salgono a parete, oggetti con specchi; una scritta a colori, sul muro. E’ una ‘riflessione in opera’.
Tavola del naturale (1980)
Tavola dell’artificiale (1980)
A Roma, l’anno precedente, nel foyeur del teatro Il Politecnico, in un ciclo collettivo denominato “memoriae”, aveva predisposto Ad Sibyllam cumanam, uno spazio in cui a mezzo di un gran cerchio due Rebis intrecciati, posti come un tripode, accolgono o producono una congerie di oggetti/reperti (di cui alcuni riverberano in una delle pareti dello spazio) coperti o protetti dall’alto da una tenda/membrana, anch’essa densa di reperti pendenti; è una ‘estroflessione in opera’.
Modello compiuto di questi “blitz” è la realizzazione nel 1991, al Picasso Cafè di Roma di VENTINTERVENTI (in venti giorni sul PAN di PICASSO per gli OLTREPASSAMENTI da operare sul piano artistico), in cui, per ciascun giorno, Frascà “allestisce” le pareti del locale con reperti di ciò che chiama “archeologia rituale” (oggetti, opere dal 1956 al 1991) ma anche intervenendo direttamente sui muri, e in cui il tranquillizzante relax da aperitivo o dopocena del luogo, è sottilmente e “panicamente” violato da interventi/irruzioni, discussioni, performance, che coinvolgono gli avventori anche occasionali, oltre che studenti e amici.
L’esposizione è qui un continuo rinascere del contenente, attraverso l’ostensione del contenuto, diretta e partecipata, come un darsi/farsi storia (la storia dell’esposizione, la storia dell’autore, la storia dei partecipanti).
Ad Sibyllam cumanam (1979)
intervento al Picasso Cafè (1991)
Sono anni in cui, nelle ricerche sulla Psiconologia e lo Scarabocchio degli adulti, Frascà è impegnato in seminari e corsi, rivolti a varie tipologie di soggetti: insegnanti delle scuole materne ed elementari, operatori ed ospiti di comunità terapeutiche, donne in stato di gravidanza, donne madri.
Partecipa a convegni e congressi scientifici, in una figura assai particolare di artista/docente che si pone, come ricercatore, in relazione diretta con la comunità scientifica.
Nel 1986 a Badgastein, in Austria, partecipa all’VIII Congresso dell’International Society of Prenatal Psycology, dove presenta una relazione su Reminiscenze della vita prenatale nella espressione grafica: un possibile contributo alla psicoprofilassi, assieme alla psicologa Stefania Pera Atella. Nello stesso anno aveva compiuto la prima esperienza psicoterapeutica con lo Scarabocchio, presso la Comunità Maieusis di Capena, durata quattro mesi.
L’anno successivo entra a far parte del direttivo della Società Internazionale di Antropologia del Prenatale di Roma; è relatore al convegno Arte, critica, psicoanalisi e grafologia e partecipa al seminario di studio con l’Associazione Psicoterapeuti Italiani Psicoterapie a confronto nella deontologia professionale.
Parallelamente cerca e promuove occasioni di intervento e ricerca con studenti e giovani.
Forma il Gruppo C.R.E.O. (Centro Ricerche Estetiche Operative), con studenti dell’Accademia di Roma e Firenze, con cui nel 1980 realizza il progetto che darà vita al film Identikit, condotto con i bambini della scuola elementare di Follonica, in collaborazione con la Provincia di Grosseto.
Con il gruppo V.I.T.R.I.O.L., nel 1982, presenta lo spettacolo teatrale Deus ex Camera, dove denuncia la mercificazione dell’arte e il condizionamento da parte del mercato delle ricerche artistiche, prima al Palazzo dei Diamanti a Ferrara, poi a Roma, al Padiglione Borghese, inserito tra gli spettacoli dell’Estate romana.
Comunicato stampa del gruppo C.R.E.O. (primi anni ’80)
volantino del gruppo V.I.T.R.I.O.L., 1982
A Siracusa fonda l’Associazione culturale Costell’Azione A.N.D.R.O.S., che raccoglie artisti, studiosi, studenti, con l’obiettivo di favorire e promuovere “il risveglio della creatività, della espressività e della consapevolezza”, attraverso la transdisciplinarietà.
L’esigenza di socialità, la condivisione, sul campo, di esperienze formative ed emozionali, trova nel viaggio compiuto a Bagdhad con 25 giovani dell’Associazione nel 1994, un punto alto di ciò che Frascà intendesse promuovere e raggiungere.
Viene invitato a far parte, come Creative member, del Club di Budapest, fondato nel 1993 dall’epistemologo Ervin László, con l’obiettivo di costruire ponti tra le culture e le diversità, tra scienza e arte, tra etica ed economia, sviluppando l’idea di un’etica e una coscienza culturale globale; lo stesso László nel volume del 1999 The consciousness revolution, dialogando con lo psichiatra Stanislav Grof e il fisico teorico Peter Russel, ha ricordato le ricerche di Frascà.
volantino dell’Associazione A.N.D.R.O.S. (1994)
con il gruppo ANDROS nell’antica Babilonia (1994)
Il risalire, poiché le esplorazioni e il risalire le correnti fanno scoprire, sempre più, altre e nuove dimensioni esplorative
N. Frascà
Ciò che è profondamente mutato, in Frascà, nel vivo – come scrive – delle “avventure emozionali, continue sorprese e assalti che arrivavano a spiazzarmi e destabilizzarmi”, è proprio il senso ultimo della propria ricerca e, con esso, il senso quotidiano d’essere artista o operatore estetico o “ricercatore artistico multimediale“, come si definì.
Senso che attiene ora ad una visione del fare artistico completamente volta all’unione Arte-Scienza-Educazione-Spiritualità; allo sviluppo, al “risveglio” della Persona, nell’ambito di un rinnovamento profondo dei rapporti umani e di un pensiero globale che lo esprima e lo supporti.
Periodo, questo, ricco anche dal punto di vista personale: nel 1995 si sposa con Franca d’Angelo, scenografa diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, che sarà sua costante collaboratrice e prima responsabile dell’Archivio.
tavola, Contamin’Azione dallaTransverberazione di Santa Teresa (1990)
nella casa-studio nella via Tiberina
Nel 1990 lavora prepara, per la manifestazione ανεμοσ al Castello di Copertino (Lecce) studi sulla Transverberazione di Santa Teresa d’Avila del Bernini; il progetto prevedeva una scultura in legno e gesso policromi, otto tavole, in una performance con proiezioni, l’utilizzo di un ventilatore, una tenda, una sua poesia (recitata in greco e scritta sul muro, in italiano) dedicata a Patmos e all’Apocalisse e una suite composta assieme al musicista Raffaele Schiavo.
Le tavole (“questa mia oper’azione”, scrive Frascà) riportano a ciò che definiva Contamin’Azioni e che costituivano un passaggio fondamentale del percorso didattico degli allievi in Accademia: si tratta della prensione e nuova formulazione di un’opera, attraverso la sua immagine, trattata con stadi di copie fotostatiche, su cui inferiscono interventi grafici e pittorici, sottrazioni, addizioni; agli allievi era proposto di scegliere ed utilizzare due opere di Maestri, per una terza da far nascere attraverso un “cortociruitamento”, in un “tertium tòpos dove tutto può apparire, scomparire, deflagrare, irrompere”.
I soprassalti di margini, di orli, di soglie sono vitali. I doni sempre più oscuri e criptici divengono il possibile linguaggio del segreto da tramandare per tradizione visiva
N. Frascà
Dai primi anni ’90 Frascà lavora agli Altarini, sculture composte di materiali eterogenei, che si situano tra due piani: quello dell’oggetto ironico, reperto linguistico polisenso dall’evidenza paradossale; quello dell’oggetto rituale, strumento che, oltrepassando la rappresentazione, diviene evocativo di un ‘altro’, “con-fuso”.
Nel Rito, di cui queste opere sembrano portare il segno, convergono, del resto, forze materiali – manualità, forze spirituali – sacralità, e tutta una gamma di elementi-ponte tra le une e le altre.
Il Piccolo Hans (1991)