Percorsi: il gesto-segno da Villa Borghese all’Informale (1958-61)

… il gesto-segno-pennellata – arricchiti da una autentica, e sempre più consapevole, sommersione nell’inconscio

N. Frascà

La casa romana di via Scarlatti 4, in cui Frascà vive durante la guerra, dista non più di 700 metri dalla Villa Borghese; ma il percorso dalla casa alla Villa, compiuto radente ai muri, tracciato con un sasso o un bastoncino, diventa la reiterazione di un tragitto esistenziale, ove la Villa assume la conformazione di un luogo di scoperte emozionanti, di esplorazioni, spinte all’ignoto e a nuove socialità.
“Percorsi” “segno” “traccia” sono alcuni dei tòpoi di Frascà: come quelli che, da premesse figurative degli inizi degli anni ‘50, lo portano a decise accentuazioni espressioniste, prima figurative con echi da Rouault, poi astratte, fino al dripping.
Alla prima mostra personale, alla Galleria Schneider di Roma (febbraio 1958) espone lavori della serie Impronte e opere di un ciclo dedicato alla corrida e all’ancestrale rapporto tra uomo e toro, simbolico affronto vita/morte; si misura, in queste opere, una dialettica serrata tra un “interiore” e un “esteriore” che trova nei supporti e nei materiali utilizzati la sua emergenza necessitante.
In questo, avvengono prime ricorrenze e primi tuffi negli archetipi.

Frascà alla prima personale alla Galleria Schneider (1958)

Omaggio a Camus (1961)

La mia pittura è: gesto, scarica, aggressione alla superficie; movimento interno-esterno comunicato alla mano; poi interviene l’osservazione che modifica, esalta, calibra o giustappone fino a giungere a un equilibrio antitesi-sintesi

N. Frascà

Tra la fine del ‘59 e tutto almeno il ‘60 si stende la sua intensa stagione informale. E’ il tempo dei Muri. L’autore lascia che il “gesto-segno” aggredisca le superfici, dense di polimatericità, con la disponibilità ad essere immerso/sommerso da profondità che dimorano nell’inconscio e, da lì, emergano con tutta la propria determinazione eruttiva.
Oltre all’attenzione dimostrata verso il suo lavoro dalla raffinata critica e scrittrice Marisa Volpi, è di questo periodo la prima visita di Giulio Carlo Argan (allora titolare della cattedra di Storia dell’arte moderna all’Università di Roma) al suo studio, al tempo in via della Pace, vicino a Piazza Navona.
Nel giugno del 1961 si tiene la sua seconda esposizione personale, alla galleria Odyssia di Roma, recensita dalla Volpi, dove Frascà presenta opere dal ciclo Omaggio a Camus – suo punto di riferimento costante – cui la mostra è dedicata.