La Finestra-Fontana come crocevia e nuovo paradigma (1983-84)

Al Congresso «Psicoanalisi Arte Persona», che si tiene a Milano nel Settembre del 1985, Frascà, invitato da Cesare Musatti, allora Presidente della Società Psicoanalitica Italiana (scomparso pochi giorni prima dell’inizio del convegno), presenta la prima relazione pubblica sullo Scarabocchio degli Adulti.
Alla relazione accompagna la proiezione di Kappa e l’esposizione della scultura Finestra dell’Apocalisse – Fontana della Gaja Scienza (Finestra-Fontana o Fontana-Finestra), esposta l’anno precedente alla Fiera d’arte orafa di Valenza Po.
Tre elementi apparentemente lontani e distinti, eppure così uniti.

Vivo la Fontana-Finestra dell’Apocalisse come un tuffo nell’utero e continuo come Giovannino in Kappa a tuffarmi e riuscire con resti lancinanti e opachi con tutte le trappole le corone le linfe i sogni le paure le ironie vissute dalla pre-nascita in poi

N. Frascà

La Finestra-Fontana viene pensata ed eseguita in due anni (1983 e 1984), sull’onda di un viaggio in Grecia dell’estate del 1983, in cui Frascà rimane due mesi, in particolare a Patmos, “profondamente colpito dalle esperienze emotive ed energetiche vissute nella Grotta di Giovanni Evangelista e dell’Apocalisse”.

Possiamo affermare, anche sulla base di ciò che l’autore ne ha scritto, che la Finestra-Fontana segni una tappa fondamentale nell’opera di Frascà: come crocevia, di tanti percorsi, emersi e sotterranei, compiuti e vissuti dall’autore; come nuovo paradigma, indicativo di un profondo mutamento nella considerazione dell’opera d’arte e della funzione stessa del fare artistico.
Insistono infatti, nei 119 elementi di cui è composta l’opera (una fusione in ottone a cera persa), oltre alla ‘cornice’ in vetroresina, una congerie di temi, elementi, simboli, insegne, richiami, dal Mito all’Alchimia, dalle Scritture sacre alla Filosofia, tra Storia, Letteratura, Scienza, a partire dai due poli sottintesi dal titolo: Giovanni Evangelista e Nietzsche.
Secondo un duplice movimento impresso dall’autore (dal basso verso l’alto / da est a ovest), gli elementi intraprendono fitti colloqui tra loro, spandendosi ed estendendosi secondo metafore, allegorie, ossimori, chiasmi, che l’autore talvolta ‘raccontava’. 

la Finestra-Fontana: visione d’assieme (foto Marco Santi) 

una pagina dai Diari (agosto 1984)

 

Far emergere il fondo che forse corrisponde a quell’estremo atto che si realizza nel produrre vuoto e silenzio

N. Frascà

In un ulteriore doppio movimento – una sorta di aurea colata lavica a fronte d’una emersione (intercambiabili temporalmente?) –  siamo spettatori di un oggetto le cui qualità estetiche sono dipese non dalla ricerca di una forma, ma dalla forma che la ricerca ha preso; non dalla ricerca predefinita di un senso, ma del senso verso cui la ricerca si è spinta.

Già sul finire degli anni ’70 Frascà inizia a ridurre gli impegni espositivi; la produzione che il mercato richiederebbe, anche nella mediazione di galleristi attenti e competenti, come fu Pietro Lorenzelli di Bergamo, comincia ad entrare in collisione con gli “oltrepassamenti” che la continua ricerca pone all’autore.
Si è rotta una fase: quella legata al circolo produzione – esposizione – valutazione critica – mercato; ne inizia un’altra, piena di incognite, di rischi, anche di incomprensioni e rotture, sostenuta però da una profondo senso di comunicazione col proprio essere.

la Finestra-Fontana: visione dall’alto (foto Marco Santi)

Poi le sfide, le trasgressioni a se stessi, alle proprie barre direzionali, alla gravitazione, alla tecnologia, alla pseudo coscienza, per riconquistare il senso – ancora PRIMARIO – del sé e scandagliare ogni acqua, affondando pertiche, coltelli, sguardi, senza risparmiarsi

N. Frascà

Frascà vive la Finestra-Fontana con la medesima trepidazione con cui si è spinto nelle ricerche sullo Scarabocchio degli Adulti; forse essa stessa è una sorta di “Scarabocchio”, così come lo fu Kappa: uno sprofondarsi, che è effetto e precursore assieme di un nuovo Fondarsi.
Ancor meglio potremmo definirla come una “icona temeraria”, come Frascà aveva intitolato un testo nel 1992, poi diventato, in evoluzione, il libro L’Arte, all’ombra di un’altra luce: luogo di confine – e temerario, appunto – tra visibile e invisibile, come ne è esempio l’acquarello di Cézanne La Pêche (o En bateaux – conservato al National Museum of Western Art di Tokyo), che fa da sfondo alla copertina.
Nelle sue fittissime trame ostese e segrete, la complessità della Finestra-Fontana può rimandarci al Grande Vetro di Duchamp, La Mariée mise à nu par ses célibataires, même del 1915-23.
Nel suo libro, Frascà trascrive una citazione dal filosofo della scienza Gaston Bachelard, che afferma: “Bisogna andare da quella parte … dove la ragione ama essere in pericolo”.

la Finestra-Fontana: particolare (foto Marco Santi)