Orfeizzazioni: strappi, lacerazioni, specchi, cerniere, feritoie, soglie, oltre ogni gabbia (1967-1978)
Sento il bisogno della materia. Di ricominciare da capo. Rileggo la vita in nuove chiavi. Intanto ho infranto la simmetria e la geometria che stava diventando gabbia (prospettica però)
N. Frascà
Nel momento in cui Frascà sente che un dato ‘ordine’ creato non può più contenere ciò che al suo interno richiede un nuovo spazio, è portato ad una “azione de-costruttiva”, grazie a cui poi si dischiuderanno nuove ricerche.
Il perscorso artistico di Frascà (che è tutt’uno col suo percorso di vita) non segue quindi un lento e uniforme andamento: si dà ed espone a strappi, rotture, in forma talvolta di aspre lacerazioni, talaltra di gioiosi rivolgimenti.
La forma tipica di questo movimento sono le “Orfeizzazioni”: la rottura fisica di un’immagine e la sua riorganizzazione, che hanno nel mito di Orfeo, nel suo smembramento e permanenza, il proprio rispecchiamento.
Il Crepuscolo degli Dei, copertina di About the House (1967)
E’ il momento (labile) di distruzione, smembramento di Orfeo. Orfeo che viene fatto a pezzi ma acquista una ‘superiore’ dimensione: infatti i suoi pezzi dispersi creeranno nuovi ‘valori differenziati’ pur essendo sempre se stesso, perché anche un solo brano di Orfeo è Orfeo
N. Frascà
Analogo andamento avviene sugli specchi e dalla rottura dei loro piani: anche qui diverse prove e molti studi tra il ‘67 e il ’77. Una serie di opere originano dal mito di Narciso, che, superando il proprio status “narcotico”, rompe il piano/specchio e orfeizzatosi per frantumazione, s’espone alla liberazione dalla propria “gabbia/stagno” (Narciso o gabbia-stagno) aprendosi a nuove identità (Stagno di Narciso orfeizzato).
Nel 1978 una mostra retrospettiva alla Galleria Lorenzelli di Bergamo espone questa serie, con avvertimenti e dichiarazioni per il pubblico.
Altre opere affrontano il problema della riflessione e della rottura dell’illusione prospettica, ancora con specchi (Narciso di specchio) o con interventi ambientali, progettati ed eseguiti nella comunità di Gallignano (una frazione di Ancona), dove Frascà espone un Narcissus, coppia di diagonali cernierate di alluminio, che poggiano in altezza e profondità, ma non ortogonali.
A queste sono legate le sperimentazioni sulle cerniere, dove emerge il problema del doppio e dei punti-cardine di giuntura, indagato poi nelle feritoie, quei particolari spazi o intestizi o bordi risultanti dalla rottura dell’immagine sottoposta alla frantumazione, e traccia/simbolo di quel movimento.
Narciso o gabbia stagno (1977/78) foto Marco Santi
Stagno di Narciso orfeizzato (1977)
“Dio veglia negli intervalli” dice Borges. Quindi lo jatus la sospensione come tempo ‘vuoto’ da indagare; cui le immagini servono solo come parametri di supporto e confronto. Confini, soglie, il momento cruciale sta non solo nelle cose ma… tra le cose. Occupare quello spazio trascurato… come possibile uso di coscienza attraverso il repertorio dell’inconscio messo a nudo
N. Frascà
Ancora alla fine degli anni ’70 vengono ripresi gli studi – anch’essi iniziati nel ’67 – che hanno per oggetto e titolo le Soglie, luoghi – limite, oltre cui avviene l’attraversamento, quel “salto quantico”, che apre a nuova coscienza e consapevolezza.
Del ’78 è il film Soglie, in cui Frascà assembla in nuova significazione materiali filmati tra il 67 e il 77, che si aprono con l’immagine di Visconti, ripreso a Londra, cui il film è intimamente dedicato: si tratta di reperti, appunti, documentazioni – alcuni di vita privata – serrati, sospesi o lasciati correre tra count down di pellicola e insistiti neri, in musiche, rumori, silenzi in controtempo.
Questo arco di opere, accompagnato e sostenuto da un itenso curpus di scritti, ancora inediti, rimanda ai processi di trasformazione che hanno luogo nel Labirinto: il Labirinto (e il viaggio) di ciascuno di noi.
Per questo, potremmo dotarci di un “Bagaglio 1° per Trasgressioni”, opera/libro/oggetto del 1978.
Frame da Soglie (1978)