Il lungo viaggio dagli Strutturali al Rebis (1962-67)
Bisognava intraprendere altre strade che ci consentissero di riscostruire quella gramatica e sintassi della visione, che si ponevano come forme di una nuova coscienza
N. Frascà
Col Gruppo 1 (che, dall’iniziale formazione del 1962, vedrà in opera dal 1965 al 1967 Carrino, Frascà e Uncini) Frascà vive un grappolo di anni intensissimi, pieni di dibattiti, confronti, verifiche, scontri, proiettati come sono sulla scena nazionale e oltre, in un periodo di profonde e divergenti ricerche artistiche ed altrettanto diversificate ipotesi critiche.
Il Gruppo, supportato e seguito in particolare da Argan, tiene la prima mostra a Firenze, alla Galleria Quadrante, nel febbraio ’63, per concludere il percorso comune – dopo una fitta attività espositiva, anche internazionale – nell’agosto ’67, dopo essere stato presente, l’anno precedente, con una propria sala alla XXIII Biennale di Venezia.
La necessità di socialità, propugnata dal Gruppo, l’esigenza di una continua verifica del proprio lavoro individuale, la disponibilità a mettere in comune i risultati delle proprie ricerche, saranno una costante di tutto il percorso artistico di Frascà.
Sono anni di intensi studi sul colore: Mondrian, Kandinskij, ma soprattutto Klee e, suo tramite, la Teoria dei colori di Goethe, che approfondisce e utilizza come strumento di lavoro.
una tavola di Frascà che individua le tappe del suo percorso artistico (tra il 60 e il 71)
Frascà, con G.C. Argan e Corrado Maltese alla Galleria La Medusa di Roma, 1963
Non esiste colore che non sia sostanza materiale; il mio tentativo è di rendere immateriale questa sostanza. Cercare nuovi equilibri
N. Frascà
Tra il ’62 e il ‘67, quei segni/segnali, quei tracciati, quelle temperature e temperie di colore, che erano emerse, certe volte improvvise e inaspettate, negli anni precedenti, trovano una concentrazione in tessiture diagonali, che Frascà chiama Strutturali, dando luogo ad un lungo cammino attraverso le strutture percettive.
Strutture in cui viene indagata l’ambiguità dell’esperienza visiva e dove l’ambiguità della percezione è stimolo e simbolo di una più complessiva e complessa percezione del reale.
L’opera d’arte e l’operazione artistica di Frascà, si costituisce come un campo, in cui l’ambiguità della visione, la polivalenza delle immagini create e che si formano nell’occhio del fruitore, producono uno stato di dubbio e incertezza, che vuole essere stimolo ad una ricerca di senso, di attivazione di coscienza e libertà.
Dalla dialettica delle diagonali e dalla ricerca del colore-luce negli Strutturali, Frascà attraversa quelle forme, su un ordine tridimensionale, dal quadrato al cubo, e sperimenta i Vetri, le Gabbie, i Modulari, e le influenze e comportamenti della luce sui volumi, che presenta alla IX Quadriennale di Roma del 1965.
Poi, attraverso una torsione delle linee, già diagonali, anche a memoria dello studio delle flessioni e dilatazioni borrominiane, arriva agli Strutturali varianti, presentati a Venezia nel 1966.
Poi, in una ennesima massima concentrazione sul cubo scopre la forma Rebis, forse la sua più importante opera: Res-bis, due volte la cosa medesima, il maschile/femminile, il Re/Regina dell’Alchimia, la precipitazione e condensazione in forma scultorea delle ambiguità misteriose, delle aperture magiche delle forme archetipiche; un “pregrante diagramma del dubbio”, che impegnerà strenuamente le sue ricerche tra il 1967 e il 1971.
Strutturale XXII (1964)
il Rebis matrice (1967), come appare negli spostamenti dell’osservatore