L’Ulisse di Joyce, tra Roma, Parigi e Roma (1961-62)

Dovevo sprofondarmi, ancor più, nel caos, per cercare un nuovo ordine dei fenomeni e delle esperienze

N. Frascà

Un viaggio/soggiorno a Parigi del 1961/62, con borsa di studio per la pittura del governo francese, ottenuta grazie anche alle lettere di presentazione di Argan e di Palma Bucarelli, la preziosa e combattiva soprintendente alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, costituisce un vero punto di svolta nella vita di Frascà. Così come lo fu la lettura dell’Ulisse di Joyce, regalatogli nella sua prima edizione italiana del ‘60, che lo accompagna a Parigi e che “era destinato a lavorarmi dall’interno facendo germogliare in me una nuova coscienza“. I tragitti a perdifiato nella città, alla ricerca dei luoghi vissuti e descritti dall’amato Camus, vengono poi come scaricati e ritrasmessi su carta, generando una liberazione del segno ed una più immediata e fresca tensionalità espressiva: sono i Segni-traccia. A Parigi, assieme all’ex compagno di scuola Pasquale ‘Ninì’ Santoro, frequenta l’Atelier 17, il rinomato laboratorio di incisione di Stanley William Hayter, dove erano passati anche Mirò e Picasso; riesce a conoscere personalmente Jean Fautrier, altro suo punto fondamentale di riferimento. Visita lo studio di Alberto Magnelli, che lo invita a riguardare gli Impresionisti; da lì, inizia a riscoprire la grande lezione cézanniana, che lo accompagnerà per tutta la vita. Nel gruppo di opere Percorsi, allo svolgimento libero di tracciati, diagrammi, filamenti, si palesa, in emersione, come limite o campo gravitazionale, una forza ellittica elastica, a costituire uno stato sospensivo e, nella tensione formale, un nuovo e particolare equilibrio spaziale.

l’Ulisse di Joyce, nella prima edizione Mondadori del 1960

a Parigi con Ninì Santoro, Eduardo Arroyo e Jean Fautrier

Studio di tracciati – correnti. Intuizione di una forma che appare e scompare, sino ad affermarsi. Sviluppo della nuova forma mentre le correnti libere si innestano e si identificano, come una riprova. La forma si dilata, le correnti interne si muovono sino a deformarla, e trasformarla in corrente stessa

N. Frascà

Al ritorno da Parigi, trascorre un periodo di concentrazione a Palermo, dove ha occasione, tramite la costumista Vera Marzot (sua compagna – allora assistente di Piero Tosi – cui ha dedicato una lunga serie di ritratti) di andare sul set del film Il Gattopardo che Luchino Visconti stava girando.
Qui sperimenta i colori fluorescenti, allora utilizzati solo nella segnaletica stradale e le vernici di alluminio, usate nelle scenografie teatrali.
Ora, nella serie Pitture, quelle masse emerse sono come raffreddatesi in un ordine e forme geometriche, che lasciano però, nelle instabilità dei contorni, nelle reazioni dei pigmenti fluorescenti, nella sospesa sostanza lunare dei fondi argentei, spiragli all’emozione e all’irrazionale.
Rientrato a Roma, dà vita, con Ninì Santoro, Achille Pace, Nicola Carrino, Giuseppe Uncini, Gastone Biggi alla travolgente esperienza del Gruppo 1.

Rosso su rosso Forma Uno (1962)

Diagonali (1962)