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“Studio d’artista”: spazi, mani, sguardi, voci

La abitazione dell’artista, la casa, sua e di chi vi vive accanto.

Talvolta è casa-studio o, secondo la fattispecie giuridica tutelata dalla legge uno “studio d’artista” (nell’art. 51 del “Codice dei beni culturali”)

Gli spazi quindi, di vita-lavoro, di lavoro-vita, quella “abitazione” per la quale e nella quale chi rimane continua a respirare quel campo in cui hanno gravitato appunti, schizzi, barattoli, pennelli, libri, cataloghi, lettere, preventivi, tele appoggiate al muro, opere appese, opere di amici, fotografie, manifesti di eventi, locandine, riproduzioni dei maestri ispiratori.

E le mani, le mani che hanno toccato, gli sguardi, gli sguardi che hanno visto, la voce, la voce assorbita e rimandata da quegli spazi.

Qui siamo in uno di quegli ambienti, in via Veientana Vetere, al Labaro, quadrante Nord di Roma al bordo di una tenuta agricola, la Tenuta Valchetta-Cartoni, cui era parte, azienda ancor oggi attiva, dove Frascà si era trasferito dal 1969: foto che in piccolo rende una porzione di spazio “d’artista”

Vediamo Frascà che compone due Rebis doppi e si vedono, a sinistra una Colonna, a destra il Selbst NarcisOrfeo e una Colonna HPL; sullo sfondo, alla porta, una riproduzione della Flagellazione di Urbino di Piero della Francesca.

Nato via Tiberina
Qui, invece, siamo sulla via Tiberina, sempre orientata a Nord, da Roma, dove Frascà va ad abitare dal 2001, con alle spalle la “piccola biblioteca”, come ci dice un appunto su un post it posato sulla foto – che è del 2003 – dell’album che le contiene.

Altre librerie, erano, con tanto materiale ivi custodito, gran parte del quale oggi in è Archivio.

Sul tavolo, tra i libri, si scorge appena il volto del San Giuliano di Piero della Francesca, oggi al Museo Civico di Sansepolcro, sul volume che ha per titolo “Piero della Francesca. Il compasso e il pennello: l’anima razionale del Quattrocento italiano” (Leonardo Arte, 1999).

Nella bella foto, in bianco e nero, il fumo della sigaretta accesa, lieve, si è spostato verso la luce della finestra, da cui viene attratto e attraversato, lasciando nell’immagine un’aura fluttuante birichina.

Poi, il tempo, la vita, il possesso reclamato dai proprietari di casa, i tentativi di trovare spazi normativi utili, le contingenze, le decisioni finali.

I destini delle cose, perché le cose camminano nel tempo e possono sopravvivere in indipendenza dai fattori umani.

Ma in ciò le cure, le volontà di tenere memoria, gli Archivi.

Questa pagina, ad esempio, che ciò testimonia.

Diramazioni, in itinere

… riprese: 1969 “dalla Valchetta in fiore”
… in via della Pace, 1966