foto Marzio Marzot
TIVOLI: Exerzitium Rom ’72
una esperienza collettiva di scultura
L’idea era stata dello scultore austriaco Karl Prantl: lavorare la pietra naturale nella cava di origine. Lavorarla in lunghe sessioni collettive, condividendo spazi, tempi, impressioni, poetiche.
Il primo Simposio internazionale di scultura (“Symposion Europäischer Bildhauer”) avvenne attraverso la pietra arenaria calcarea della cava di Sankt Margarethen nel Burgerland, nell’estate del 1959: 14 scultori, tra cui un italiano, Dino Paolini, vissero e lavorarono insieme nel luogo di estrazione della materia.
Prantl scrisse: “in questo emergere allo spazio aperto – nella cava, nei prati – ci ha reso di nuovo liberi… Questo uscire o liberazione mentale in senso molto ampio era il punto cruciale. Per noi scultori la pietra è il mezzo per raggiungere questo libero pensare, per liberarci da tanti vincoli, restrizioni e tabù.”
“Inoltre, abbiamo ritenuto che fosse il momento che l’umanità ricordasse l’umanità. L’arte può svolgere parte di questo compito… Sotto forma di pietra, ad esempio, perché la pietra significa resistenza. La resistenza come forma di espressione.”
Fuori dai limiti delle Accademie, dagli studi individuali, dalle maglie nazionali, la viva pietra, la viva esperienza della sua lavorazione, costituiva l’espressione di un bisogno profondo di comunicazione umana: “puri esercizi”, “preparazione per i compiti che ancora ci attendono e che possono essere raggiunti solo attraverso uno sforzo comune”.
Il primo Simposio svolto in Italia fu alle Cave Poggi di Tivoli, a nord di Roma, dal 15 agosto al 15 ottobre 1972 col titolo appunto di “Excerzitium Rom 72”.
Parteciparono gli artisti: Maria Bilger e Karl Prantl (Austria), Wolfgang Kubach e Anna Maria Kubach-Wilmsen (organizzatori), Rudi Scheuermann, Paul Schneider, Wilhelm Uhlig (Germania), Hiromi Akiyama (Giappone), Nato Frascà, Gerard Hoeweler (Olanda) Adolf Ryszka (Polonia), Balanica Petrica (Romania).
“Ciascuno realizza nella pietra il suo pensiero artistico e partecipa contemporaneamente all’atto di fede degli altri”.
La Ditta Poggi mise a disposizione grandi blocchi di travertino, e gli artisti ebbero l’opportunità di lavorare negli stessi luoghi (l’antico Barco) in cui era stato Bernini, per scegliere i materiali per la Fabbrica di San Pietro.
Scrisse Frascà: “Lavorare insieme ha significato trovare nel lavoro una ragione di comunicazione a due livelli diretti: quello dell’osservazione dei procedimenti del pensiero che provocano l’azione del lavoro e quello della parola, dello scambio di notizie, nozioni, dubbi, certezze.”
Nell’Exerzitium Frascà scolpisce una delle sue opere più importanti e di grande impatto visivo: un Rebis Columna, che chiamerà Columna Tiburtina, colonna continua composta da 6 moduli Rebis, di altezza complessiva di quasi 5 metri.
Di lì, dalla cava, sarebbe iniziato un lungo tempo di stazione in loco, fino a trovare, 65 anni dopo e a circa 400 chilometri di distanza, un luogo, aperto e suggestivo, degno della sua visione pubblica.
Diramazioni, in itinere
… testo: “Sull’idea di scultura”
… vita nell’Exerzitium, da una cronaca d’epoca
… la Columna Tiburtina: tra il 1972 e il 2007, tra Tivoli e Rovigo